E' innegabile che si stia entrando veloci come un colpo di pistola in un futuro iper-tecnologico, ancora tutto da costruire. Un po' come il progetto Neom raccontato nella prima parte di questo post. C'è una visione, molto chiara, ma l'attuazione è in forte ritardo.
Ci sono tuttavia delle chiare idee di futuro, riscontrabili nelle varie agende di Davos, dell'Onu ed in altri importanti organizzazioni politiche ed economiche, commissione europea inclusa. Scrivete Agenda 2030 in google e di risultati ve ne usciranno a centinaia. La cosa curiosa è che gli obiettivi sono tutti perfettamente sovrapponibili, da qualunque agenda essi escano: si parla di svolta verso una società sostenibile raggiungibile grazie ad pervasivo e costante controllo informatico e tecnologico, stringente, su ogni attività umana. Il mondo sarà governato dagli algoritmi e tutte le persone saranno monitorate ed istruite - forse indottrinate - per raggiungere quella che viene definita la società ideale, dove nessuno potrà sbagliare, e se lo farà sarà immediatamente individuato, dove tutto sarà perfetto, tutto sarà monitorato, tutto in mano ai dati, gestiti da un codice binario, da uno 0 o un 1. O bianco o nero. Ed a scegliere ciò che sarà giusto, lecito, permesso o incoraggiato saranno i tecnici, i sacerdoti del dogma della scienza. Anzi, dello scientismo. Sarà un mondo alla Desperate Housewifes solo in grande, una sorta di desperate citizens.
Il futuro che stanno pensando parte dall'idea di smart city, ovvero una città che usa la tecnologia digitale per connettere, proteggere e migliorare la vita dei cittadini.
Il progetto Neom rappresenta tutta la visione più "futuristicamente distopica" di questo approccio . Anche in Europa si sta lavorando su un progetto simile, chiamato Tristate City, che dovrebbe sorgere in Olanda, nel territorio che include Amsterdam e si allarga verso Benelux e Germania. In un'intervista i promotori del progetto lo giustificano dicendo che "Le città olandesi sono troppo piccole per competere in quella che viene chiamata la "battaglia delle città", in cui le megalopoli competono per investimenti e talenti.". "Riguarda il modo in cui le aziende olandesi si presentano ad aziende come Apple o grandi aziende cinesi", ha detto al Financieele Dagblad il direttore di Prologis Benelux Bram Verhoeven. Ricordiamo che Amsterdam, Rotterdam, Utrecht e L'Aia fanno anche parte di un altro progetto noto come Holland Metropole in cui le quattro grandi città si presentano come un'unica area urbana con quattro centri ciascuno con la propria specialità.
Il futuro è quindi orientato verso la megalopoli. Che sarà sicuramente sostenibile, dicono, grazie alle nuove tecnologie. Ne siamo davvero sicuri? Un 1% della popolazione mondiale ne è assolutamente certa, tanto da investirci parecchi soldi ed energie. Per chi ancora non lo sapesse, a livello mondiale, l'1% più ricco della popolazione possiede il 43% della ricchezza, mentre il 50% più povero ne detiene meno dell'1%, così come spiegato dal 2020 Credit Suisse Global Wealth Report. La pandemia Covid-19 ha ulteriormente aumentato le disuguaglianze. La visione futura del mondo temo, se pensata ed attuata senza coinvolgere quel restante marginale 99% della popolazione mondiale, ci porterà irrimediabilmente ad una società divisa tra ricchi e poveri. E nulla c'entra il gruppo pop musicale di Sarà perché ti amo.
E' innegabile come esista uno stretto rapporto tra il luogo in cui uno vive e la qualità della propria vita. Basti pensare alle periferie delle città, a certi quartieri poveri e disastrati. I benestanti in quartieri ricchi, costosi, elitari, puliti e ben serviti. E gli altri nei quartieri popolari. E' un fatto che consegue esclusivamente da un fattore di disponibilità economica, non di scelta personale. Quindi i soldi contano, volenti o nolenti sono alla base della nostro modo di vivere. Il dubbio è che la società sarà maggiormente divisa perseguendo la visione delle megalopoli, con quartieri elitari e quartieri formicaio dedicati alle formichine lavoratrici.
Si distingue da questo approccio il Giappone, in cui oltre il 92% della popolazione vive in contesti urbani, con tutte le conseguenza sfavorevoli del caso. Si è deciso di affrontare il problema e si è capito che Non c'è bisogno di essere una megacittà per essere una città vivibile e smart. In Giappone piccoli centri urbani stanno adottando tecnologie innovative come l'internet delle cose e grandi idee come l'economia della condivisione per diventare più sostenibili. Uno dei primi progetti ha preso piede nella città di Fujisawa, costruita riqualificando il luogo dismesso di una vecchia fabbrica della Panasonic. La città, in realtà un quartiere urbano, ospita circa 2 mila persone, tutte le abitazioni sono dotate di pannelli solari e sistemi di monitoraggio intelligenti, che consentono ai residenti di tenere sott'occhio il proprio consumo energetico e quello dell'intera comunità. La città è stata pensata e costruita a misura di uomo. Anche in questo caso esistono degli incentivi per premiare i comportamenti virtuosi, come spostarsi a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici. Sarà questo dei punti e dei premi un approccio che a breve vedremo anche da noi.
Spiega l'ingegnere Deguchi Atsushi dell'Università di Tokyo: "In questo momento il Giappone sta costruendo città intelligenti sulla base di un concetto lanciato dal governo chiamato 'Società 5.0' che prevede città intelligenti centrate sulla persona, sull'umano. Kashiwa-no-ha infatti non si limita a utilizzare le tecnologie più innovative, vogliamo garantire che chi ci vive possa sentirsi coinvolto per costruire un luogo in cui tutti possano essere felici".
In Italia sto seguendo un progetto molto interessante, che, se validato, potrebbe prendere vita grazie ad una raccolta fondi su una piattaforma di crowdfunding. Un progetto che parte dal basso, dalle persone interessate a creare una comunità diversa, che porti ad aggregarsi naturalmente ed in maniera sostenibile in un luogo immerso nella natura. Per sposare, magari anche temporaneamente, una filosofia di vita sana, inserita nell'ambiente naturale, con una forte socialità e con un elevato senso di comunità. Una sorta di villaggio completamente diverso da una Neom, più simile ad una antico villaggio medioevale, autosufficiente, vivibile, sicuro e ricco di stimoli ed iniziative.
Ve ne parlerò magari in uno dei prossimi post.